A partire dal 2020, in virtù del nuovo art. 25-sexiesdecies del d.lgs.231/2001, sono stati introdotti i reati di contrabbando nel modello 231, in qualità di illeciti con rilevanza ai fini della responsabilità amministrativa degli enti. Ciò comporta la necessità per le imprese che esercitano frequenti attività di import/export di dotarsi di un modello organizzativo 231 o, se già in possesso, di aggiornarlo con la sezione relativa al contrabbando. In questo modo sarà possibile attestare l’adozione di presidi di prevenzione e di controllo volti a limitare il rischio di commettere reati durante le operazioni doganali.

Vediamo nello specifico perché per le aziende che effettuano import/export con paesi extra-UE è importante aggiornare il MOG 231 con i reati di contrabbando per non incorrere in sanzioni.

Reati di contrabbando, il quadro normativo di riferimento

La modifica al decreto 231 è stata apportata in risposta alle richieste dell’Unione Europea di accrescere i controlli a tutela dei propri interessi finanziari, considerando i dazi doganali come risorse proprie dell’UE.

In Italia sono previsti dall’ordinamento 25 tipologie di reati di contrabbando, descritti nel Titolo VII del Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (TULD). Tra questi, l’art. 292 parla di responsabilità penale in tutti i casi in cui si sottragga o si tenti di sottrarre consapevolmente la merce al pagamento dei diritti di confine.

Considerando dunque che con l’introduzione del mercato unico il sistema doganale dell’Unione Europea non contempla l’applicazione di dazi in export, a prestare particolare attenzione dovranno essere le imprese che importano merci da Paesi extra-UE.

Nell’eseguire gli adempimenti doganali, la massima precisione deve essere posta nella dichiarazione doganale, in quanto dalle informazioni in essa contenute dipendono i controlli e le possibili relative sanzioni da parte delle autorità doganali.

Le tipologie di contrabbando doganale

Esistono principalmente due categorie di reati di contrabbando, a seconda del modo in cui vengono commessi:

  • Contrabbando extraispettivo, che mira a eludere fisicamente i controlli occultando i beni all’attraversamento dei confini doganali ed evitando di presentare la dichiarazione doganale.
  • Contrabbando intraispettivo, in cui la merce viene di fatto sottoposta ai controlli doganali, ma fuorviandoli attraverso la dichiarazione di dati falsi o sbagliati relativamente all’origine, alla quantità, al valore ecc. delle merci, così da non versare dazi doganali o versarli in forma minore.

Il contrabbando intraispettivo è la casistica più frequente, specialmente per quanto riguarda dichiarazioni che attribuiscono alla merce un’origine preferenziale non veritiera. Agendo in tal senso, si punta infatti ad usufruire dei vantaggi derivanti dagli accordi internazionali stipulati dall’UE con Paesi terzi in tema di scambi commerciali, ottenendo così un risparmio ai danni del sistema daziario dell’Unione Europea.

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Illeciti di contrabbando: le sanzioni

Nel caso in cui l’evasione dei diritti di confine superi i 10.000€, il reato assume rilevanza penale.

A prescindere dall’ammontare della somma non corrisposta, sono comunque applicate sanzioni sia pecuniarie sia interdittive a carico dell’impresa, dal divieto di contrattare con la Pubblica amministrazione, all’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi, fino alla proibizione di pubblicizzare beni o servizi.

Il contrabbando intraispettivo, anche nell’eventualità di dazi evasi per una cifra inferiore ai 10.000€, è quasi sempre di natura penale, in quanto contempla una dichiarazione volutamente errata durante l’accertamento doganale, rientrando quindi nel reato di falso in atto pubblico (art.295 TULD).

Non sono invece considerati illeciti penali gli errori commessi durante l’accertamento doganale in cui non ci sia dolo, ossia tutti quelli dovuti a negligenza o ignoranza, per i quali è prevista solo una responsabilità amministrativa.

Compliance 231, come limitare il rischio di contestazioni per reati di contrabbando

Come abbiamo visto, per tutte le aziende che intraprendono frequenti attività doganali è importante dotarsi di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (Modello 231), attuandolo in maniera efficace. Se già in possesso del modello organizzativo 231, le imprese sono tenute a effettuare l’aggiornamento, aggiungendovi i principi di comportamento e le garanzie attinenti al processo doganale volti ad evitare reati di contrabbando. Tali garanzie sono infatti voci fondamentali per i controlli svolti dall’Organismo di Vigilanza, che ha il compito di sorvegliare sulla conformità al Modello 231.

Riassumiamo qui i principali protocolli interni all’azienda da mettere in atto per prevenire la responsabilità 231 ed evitare sanzioni relative agli illeciti di contrabbando:

  • Formazione interna in materia doganale
    Formare in modo opportuno il personale dedicato alle varie fasi attinenti al processo doganale, da quella logistica a quella amministrativa.
  • Selezionare dei responsabili doganali

    Tra i soggetti che hanno ricevuto un’adeguata formazione, selezionarne alcuni deputati a coordinare i controlli interni e ad intrattenere rapporti con le autorità doganali. In assenza di personale interno opportunamente formato in materia doganale, è possibile rivolgersi a professionisti esterni per gestire l’attuazione dei protocolli e affiancare l’azienda durante le verifiche dell’Organismo di Vigilanza.
  • Ottenere lo status AEO (Operatore Economico Autorizzato)

    La certificazione AEO attesta il possesso di requisiti di massima affidabilità nei rapporti con l’Autorità Doganale, con conseguenti operazioni doganali agevolate, riduzione dei controlli ed evidenti benefici in termini di tempi e costi nelle operazioni di sdoganamento.

    È possibile ottenere due tipologie, cumulabili, di certificazione AEO: AEOC, relativa alle semplificazioni doganali, e AEOS, riguardante ai vantaggi in tema di controlli legati alla sicurezza.

  • Conoscere le responsabilità di fornitori e spedizionieri doganali

    Nel caso in cui le pratiche doganali siano esternalizzate, come spesso avviene, è necessario essere consapevoli della suddivisione delle responsabilità. Uno spedizioniere può infatti presentare la dichiarazione doganale in qualità di rappresentante diretto o indiretto dell’importatore, ma anche in quest’ultimo caso l’importatore è comunque corresponsabile del corretto versamento dei dazi doganali.
  • Scegliere spedizionieri doganali autorizzati

    A supporto del punto precedente, è sempre opportuno avvalersi di spedizionieri affidabili a livello commerciale e professionale, con cui stipulare garanzie riguardanti il rispetto delle direttive 231 (“clausola 231”).
  • Controllare la corretta compilazione della dichiarazione doganale

    È consigliato effettuare un controllo accurato dei dati da includere nella dichiarazione e della compilazione da parte dello spedizioniere, così come verificare attentamente la bolletta doganale rilasciata dall’autorità. Qualora il personale interno non fosse qualificato a svolgere il controllo, affidarsi a consulenti esterni esperti in materia doganale per esaminare i punti più incerti.
  • Conservare la documentazione relativa alle operazioni doganali

    Per avere prova della puntale gestione delle procedure doganali, è fondamentale archiviare tutta la documentazione pertinente a ogni operazione. In questo modo sarà più agevole esaminare gli atti, nell’eventualità di audit da parte dell’Organismo di Vigilanza o di verifiche dell’Agenzia delle Dogane.

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