Il 22 maggio 2025, la Commissione Europea ha pubblicato un elemento chiave nell’attuazione del Regolamento UE 2023/1115 contro la deforestazione: la classificazione del rischio dei Paesi fornitori, nota anche come sistema di benchmarking. Questo strumento aiuta le aziende a valutare con maggiore precisione il livello di due diligence richiesto per l’importazione o la commercializzazione di sette materie prime a rischio deforestazione (soia, cacao, olio di palma, legno, gomma, caffè e bovini) e dei prodotti da esse derivati.
Con l’entrata in vigore del regolamento EUDR ormai imminente (30 dicembre 2025 per le grandi imprese, 30 giugno 2026 per le PMI non esentate), è fondamentale comprendere come cambia il quadro e cosa devono fare per adeguarsi.
Cos’è la classificazione del rischio Paese (benchmarking)
Per semplificare l’applicazione della due diligence, l’UE ha suddiviso i Paesi in tre fasce di rischio ambientale, sulla base di dati pubblici e trasparenti relativi a deforestazione, governance e legalità:
- Basso rischio: Paesi come quelli UE, Stati Uniti, Canada, Ucraina e Cina, dove la probabilità che le merci derivino da pratiche non sostenibili è considerata limitata.
- Rischio standard: ad esempio Brasile o Indonesia, dove la deforestazione è presente ma controllabile.
- Alto rischio: Paesi come Russia, Bielorussia, Myanmar o Corea del Nord, per i quali si presume un’elevata probabilità di non conformità ai criteri EUDR.
Questa classificazione ha conseguenze operative dirette:
- Le materie prime provenienti da Paesi a basso rischio possono beneficiare di una due diligence semplificata.
- Per quelle provenienti da Paesi a rischio standard o alto rischio, è invece obbligatorio applicare una due diligence completa, con una valutazione accurata e azioni di mitigazione del rischio.
Tuttavia, anche in caso di due diligence semplificata, la raccolta documentale rimane obbligatoria.

Quali documenti devono essere forniti?
A prescindere dal livello di rischio, tutte le aziende soggette all’EUDR devono essere in grado di dimostrare la legalità e la tracciabilità dei loro approvvigionamenti. In concreto, ciò significa predisporre:
- La geolocalizzazione precisa delle parcelle agricole o forestali da cui proviene la materia prima.
- Documenti che attestino la legalità della produzione nel Paese d’origine, in base alla legislazione locale.
- La tracciabilità completa della filiera, dal luogo di origine delle merci fino all’ingresso nel mercato UE.
- La dichiarazione di due diligence, da caricare nel sistema informatico dell’Unione.
Questi obblighi si applicano anche alle imprese che trattano prodotti trasformati o misti, qualora siano presenti componenti derivanti dalle materie prime elencate nel regolamento.
Di seguito una sintesi dei diversi percorsi di compliance:

Due diligence semplificata: quando è ammessa?
La possibilità di applicare una procedura semplificata è limitata e subordinata a precise condizioni. Può essere utilizzata solo se:
- La materia prima proviene da un Paese ufficialmente classificato a basso rischio dalla Commissione.
- È esclusa ogni possibilità di mescolanza con materiali provenienti da Paesi a rischio superiore.
- Non esistono elementi di rischio noti (es. segnalazioni da ONG, audit indipendenti, indagini giornalistiche).
In presenza di anche uno solo di questi fattori, l’operatore deve adottare una due diligence completa, anche se il Paese d’origine risulta “verde”.
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Implicazioni pratiche per le imprese
Le implicazioni variano in base alla posizione dell’azienda nella catena di fornitura. Ecco cosa devono fare le diverse tipologie di operatori.
Aziende che importano direttamente dalle zone di produzione
Per chi acquista direttamente materie prime dai Paesi d’origine, la priorità è mappare la filiera e costruire un sistema di raccolta dati conforme:
- Identificare i Paesi d’origine e verificare il livello di rischio associato.
- Raccogliere con anticipo i dati di geolocalizzazione e la documentazione sulla legalità della produzione.
- Verificare l’assenza di mescolanze e predisporre strumenti per la tracciabilità.
Aziende intermediarie o distributori
Per chi acquista da fornitori UE o da altri operatori, è essenziale:
- Capire se il fornitore è soggetto all’EUDR.
- Richiedere e archiviare la dichiarazione di due diligence e la relativa documentazione.
- Verificare il rischio di mescolanza tra materie prime provenienti da Paesi con rischio diverso.
Aziende che assemblano, trasformano o vendono prodotti derivati
Anche se le materie prime sono presenti in forma indiretta, l’obbligo di tracciabilità resta valido ed è necessario:
- Analizzare la composizione dei prodotti.
- Verificare la presenza di ingredienti soggetti all’EUDR.
- Implementare controlli retroattivi e meccanismi di tracciabilità “end-to-end”.
Come prepararsi internamente
Il rispetto del regolamento richiede un approccio organizzativo trasversale. Le aziende dovrebbero non solo ottimizzare i programmi interni di Export Compliance, ma anche attivare una vera e propria task force EUDR, coinvolgendo:
- Acquisti: per la selezione e la verifica dei fornitori.
- Logistica: per garantire la tracciabilità dei flussi fisici.
- Compliance e legale: per presidiare il rischio normativo e supervisionare le attività di due diligence.
- IT: per l’integrazione dei dati con il sistema europeo di dichiarazione.
- CSR/sostenibilità: per monitorare l’impatto ambientale e coordinare le azioni a lungo termine.
In conclusione
Con la pubblicazione del sistema di benchmarking, il Regolamento EUDR entra nella sua fase pienamente operativa. Le aziende non possono più rimandare: è il momento di valutare l’esposizione al rischio, mappare le filiere e costruire processi documentali robusti.
Le sanzioni previste in caso di violazioni possono arrivare fino al 4% del fatturato annuo dell’impresa: un ulteriore motivo per agire con tempestività e precisione.
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